Notule
(A cura di LORENZO L. BORGIA &
ROBERTO COLONNA)
NOTE E NOTIZIE -
Anno XIX – 03 dicembre 2022.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale
di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a
notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la
sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici
selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori
riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.
[Tipologia
del testo: BREVI INFORMAZIONI]
Scoperti ligandi neuropeptidici per SARS-CoV-2: potrebbero spiegare il long-COVID. Julien
Henri e colleghi hanno identificato, quali nuovi ligandi della nucleoproteina N
di SARS-CoV-2, neuropeptidi come la sostanza P (1-7) e le encefaline. Le varianti
BA4 e BA5 Omicron di N, oltre al sito di legame principale, presentano un altro
ampio sito in wt N e un’accresciuta flessibilità, per
la variante B5, che consente il legame della sostanza P. I ruoli fisiologici di
questi neuropeptidi nella neurotrasmissione, nel dolore e nella vasodilatazione
possono essere alterati dal legame con N, che potrebbe collegare la moltiplicazione
del virus alle numerose vie che portano al long-COVID. Se questo è vero, N
rappresenta un “pericoloso hub” da inibire con specifici antivirali. [Cfr. Molecules 27 (22): 8094 – AOP doi:10.3390/molecules27228094,
2022].
Prevenzione sociale del disturbo
post-traumatico da stress (PTSD) e di altri disturbi da trauma. Subito
dopo lo scongiurare lo scoppio delle guerre, la prevenzione di sciagure aeree,
ferroviarie e navali, e soprattutto dei disastri da cause naturali, fra cui
quelle idrogeologiche responsabili della frana di Ischia, rimane il modo
migliore per prevenire nei superstiti lo sviluppo di PTSD e di altri disturbi
da stress acuto e intenso. [BM&L-Italia, dicembre 2022].
Alzheimer: il Lecanemab
è stato associato allo sviluppo di emorragie cerebrali. L’anticorpo
monoclonale Lecanemab, prossimo all’approvazione da
parte della FDA per il trattamento della malattia di Alzheimer mediante
rimozione dei peptidi β-amiloidi, ha rivelato il potenziale effetto
collaterale di indurre emorragie cerebrali, come è stato illustrato martedì scorso
alla Conferenza sui Trials Clinici a San Francisco. L’anticorpo
monoclonale, già presentato dalla stampa italiana in questi giorni come una
svolta decisiva nella cura della malattia di Alzheimer, è realmente in grado di
prevenire e ritardare il declino cognitivo, ma si dovrà attentamente valutare il
rischio emorragico che, se confermato, imporrà la rinuncia all’impiego
terapeutico. [Fonte: Clinical Trials on Alzheimer’s
Disease Conference, San Francisco, 29 novembre 2022].
I matematici hanno risolto un annoso
problema per la fisica delle particelle. Si conferma,
ancora una volta, che la matematica è lo strumento più potente per l’esercizio
logico delle facoltà cognitive umane. Per decenni, i fisici hanno avuto problemi
con gli integrali di Feynman per calcolare, ad esempio, quanto sia magnetico un
muone o a quale frequenza i bosoni di Higgs emergono al Large Hadron Collider (LHC). Ora, con un ragionamento
matematico, è stato trovato il modo di risolvere gli integrali numericamente,
riducendoli ad algebra lineare.
Stefan Weinzierl, fisico
teorico della Johannes Gutenberg University di Mainz, autore di un volume di
800 pagine sugli integrali di Feynman, ha dichiarato che è sorprendente quanto
funzioni bene questo metodo.
La matematica è stata inventata, come l’arte, le
lingue, le lettere ed ogni altra disciplina di conoscenza scientifica e
umanistica, da quel cervello umano che continuiamo a studiare e che continua a
stupirci. [Adrian Cho, Science online, 30 novembre
2022].
Schizofrenia: evitare lo stigma o
banalizzare per ignoranza? La psicosi schizofrenica o schizofrenia costituisce
la forma più grave di disturbo mentale non degenerativo, ma oggi si assiste
spesso alla dichiarazione di essere schizofrenici da parte di persone
perfettamente in grado di svolgere la propria professione e avere una vita
affettiva normale. Nella massima parte dei casi si tratta di diagnosi sbagliate,
ideologicamente propagandate da coloro che credono che la malattia mentale, con
tutte le sue categorie nosografiche, le sue forme, le sue peculiarità, sia un’invenzione
dei medici e sostengono senza alcuna base ragionevole o fattuale (come i “no-vax”) che essere affetti da schizofrenia non voglia dire
nulla, e la diagnosi serva solo a stigmatizzare e discriminare le persone
affette.
In Giappone, da molto tempo (v. La concezione dei
disturbi mentali nella storia nella sezione “In Corso” del sito) è stato
abolito il termine “schizofrenia” nella diagnostica psichiatrica per evitare le
discriminazioni sociali legate a quella diagnosi, con una buona giustificazione:
il termine è notoriamente erroneo, in quanto non si ha una divisione della
mente, ma disfunzione dei processi di integrazione[1]. Il
cambiamento della denominazione, nel resto del mondo conservata solo per convenzione
come nel caso di tante altre malattie, non ha mutato i criteri di diagnosi e
terapia, né la stima della sua gravità, connessa con endofenotipi cerebrali a
forte componente eredo-familiare.
Oggi, che la cultura generale è sempre più sostituita
da una sottocultura mediatica ad elevato tasso di ideologia, si corre il
rischio della negazione culturale di una realtà che non soltanto esiste
e rovina la vita di tante persone, ma che deve essere affrontata non solo con
la somministrazione di farmaci e il ricorso al ricovero nelle fasi acute, ma
anche con l’aiuto di una rete di relazioni con persone edotte dei problemi
principali causati dalla psicosi e del modo migliore di interagire con la
persona affetta. [BM&L-Italia, dicembre 2022].
Il riconoscimento del valore nel
discorso sulla fama di Schopenhauer, passando per Hegel e Lichtenberg. Le
riflessioni avviate al Seminario sull’Arte del Vivere con le considerazioni
riportate nelle “Notule” dell’8 ottobre 2022 (v. Il mancato riconoscimento
del valore culturale e morale produce effetti negativi sulla psicologia
individuale e collettiva) e proseguite con quelle che si leggono nelle “Notule”
del 15 ottobre 2022 (La strana massificazione della società contemporanea priva
il soggetto di possibilità e risorse di adattamento psicologico) hanno indotto
alcuni soci a rilevare punti di contatto con questioni affrontate da Schopenhauer
alla luce del pensiero di Goethe e passando per spunti e frammenti di vari
pensatori. Tale discussione, principalmente focalizzata sulla fama,
considerata in senso positivo e non deprecata come effimera soddisfazione di
vanità, è qui di seguito proposta così come è stata presentata, commentata ed
elaborata in sede seminariale.
Schopenhauer affronta la questione del giudizio del mondo
sull’operato di una persona, e discute delle ragioni all’origine di valutazioni
sbagliate, abbandonando la prudenza e il conformismo tipico dei filosofi del
suo tempo, che tendevano ad accettare come giusto ogni verdetto della doxa.
Scrive Schopenhauer: “A questo riguardo Seneca dice,
con una bellissima similitudine, che al merito segue immancabilmente la fama,
come l’ombra segue il corpo, solo che, appunto come l’ombra, a volte precede il
corpo, a volte lo segue, e aggiunge: anche se l’invidia avrà imposto il
silenzio a tutti i tuoi contemporanei, verranno altri che giudicheranno senza
malanimo e senza favoritismi; da queste parole noi vediamo che l’arte di
soffocare i meriti mediante subdolo silenzio, di ignorarli per nascondere al
pubblico il buono a favore dello scadente era già praticata dalle canaglie all’epoca
di Seneca come lo è ai tempi nostri, e che alle canaglie antiche come a quelle
attuali era l’invidia a cucire le labbra”[2].
La meschinità imperante che impedisce il
riconoscimento del valore, alla quale possiamo opporre l’esempio rinascimentale
della nobile e magnanima onestà di Filippo Brunelleschi, che riconosce la
superiore abilità dell’allora sconosciuto rivale Lorenzo Ghiberti al concorso
per la realizzazione delle porte d’oro del Battistero fiorentino di San Giovanni,
cedendo a lui la vittoria che gli era stata attribuita per fama e reverenza.
Ma ritorniamo a Schopenhauer che, nella sua analisi,
rileva un’altra importante ragione del mancato riconoscimento di merito e
valore: “…quanto più uno appartiene alla posterità, vale a dire è parte dell’umanità
come valore universale e individuale, tanto più egli è estraneo al proprio tempo,
perché ciò che egli produce non è dedicato specificamente alla propria epoca,
non appartiene ad essa in quanto tale, ma solo in quanto questa è parte della
storia dell’umanità, e quindi non ha impresso il colore locale: per cui può
accadere che lo si lasci passare inosservato. Ogni epoca apprezza invece coloro
che assecondano le faccende della sua breve giornata o gli umori del momento, e
quindi le appartengono interamente e con essa vivono e muoiono. La storia dell’arte
e della letteratura insegnano esaurientemente che le più eccelse opere dello spirito
umano, di regola, sono state accolte con sfavore e vi sono rimaste finché non
sono sopraggiunti spiriti superiori che ne hanno sentito il richiamo e le hanno
collocate in una posizione di prestigio che, una volta raggiunta, esse hanno
poi conservato”[3].
La ragione di questo è spiegata da Schopenhauer in
termini psicologici: “Ma tutto ciò dipende in ultima analisi dal fatto che
ognuno comprende e può apprezzare effettivamente solo quello che gli è
omogeneo. Al superficiale è omogeneo il superficiale, all’ordinario, l’ordinario,
al confuso il tortuoso, allo scervellato l’assurdo; e soprattutto a ognuno
piacciono le opere proprie, perché le sente omogenee al cento per cento”[4].
Schopenhauer cita poi il Siracide, il libro della Bibbia
attribuito allo scriba gerosolimitano Gesù, figlio di Sirach: “Ragiona con un
assonnato chi parla a uno stolto; alla fine dirà: “Ma che cosa ha detto?” (Siracide
22, 8). Non va molto lontano da questo senso Goethe: “La frase più riuscita è
accolta con dileggio se chi l’ascolta ha un difetto all’orecchio” (Divano
occidentale-orientale – Libro delle considerazioni, I).
La critica ai critici poco intelligenti e insipienti
è efficacemente sintetizzata in due divertenti frasi di Lichtenberg: “Quando una
testa e un libro cozzano l’una contro l’altro e si sente risuonare il vuoto,
dipenderà sempre dal libro?”[5]; “Certe
opere sono come specchi: se vi si guarda una scimmia non possono riflettere un
Apostolo”[6].
Goethe, giustamente, sosteneva che, se è vero che l’eccellente
si trova di rado, è pur vero che ancora più raramente è riconosciuto e apprezzato,
a causa della “grettezza morale sotto forma di invidia”[7]. E Schopenhauer
prosegue: “così si spiega come in qualsiasi genere l’eccellente si manifesti, l’intera
massa dei mediocri – così numerosa! – si coalizzi e congiuri per non farlo
riconoscere, anzi, possibilmente per soffocarlo”[8].
Efficace questa formulazione poetica iperbolica di
Goethe: Avessi aspettato per nascere/ che mi fosse stato concesso di esistere/
non sarei ancora sulla Terra… (Xenie miti V, vv. 1442-1444).
L’ingenerosità, la meschinità, l’invidia, la
grettezza d’animo e l’incapacità di riconoscere il valore fanno sì che né l’opera
meritevole né il suo autore acquistino notorietà e onore. La difficoltà di
ottenere fama con le opere – osserva Schopenhauer – è inversamente proporzionale
al numero delle persone che costituiscono il pubblico di quelle opere: la
difficoltà per le opere che promettono di istruire è di gran lunga maggiore di
quella incontrata dalle opere che promettono di divertire.
Schopenhauer mostra poi di essere consapevole del fatto
che la fama è concepita da molti come un premio che si attribuisce a qualcuno
che, al confronto con la media, appare diverso e migliore: “La fama si basa
propriamente su ciò che un uomo è in confronto al resto degli altri uomini.
Perciò è essenzialmente qualcosa di relativo, e può avere quindi solo un
valore relativo. Scomparirebbe completamente se tutti gli altri divenissero
quello che è l’uomo famoso”[9].
Ma, a proposito del giudizio che esprime Lichtenberg
sulla fama di Hegel, cosa possiamo dirne noi, oggi? È una gloria immeritata
quella del filosofo tedesco o è Lichtenberg a non essere colto e intelligente
abbastanza da comprendere il valore di opere come la Fenomenologia dello spirito,
oppure è gretto, meschino e invidioso e, pertanto, non vuol riconoscere un
valore che pur comprende? Intanto, ecco cosa dice della fama di Hegel: “Strombazzata
da una congrega di amici laureandi e ripetuta dall’eco di teste vuote; ma i
posteri come sorrideranno quando un giorno busseranno alle brulicanti gabbie di
parole, ai bei nidi di una moda volata via, alle dimore di convenzioni trapassate,
e troveranno tutto vuoto, senza il minimo pensiero che possa dire fiducioso: avanti!”[10] [BM&L-Italia,
dicembre 2022].
Una nuova psichiatria stenta a
decollare e si rimane in una transizione interminabile. Fino agli
anni Ottanta la concezione patogenetica dei disturbi mentali era dominata dalla
cultura psicoanalitica e, sebbene le cause neurobiologiche fossero intensamente
studiate e ritenute particolarmente importanti per le psicosi, si continuava a
focalizzare l’attenzione sui processi inconsci del paziente, portando al vaglio
dell’interpretazione simbolica la genesi di ogni sintomo. In Italia, le cattedre
di clinica psichiatrica si divisero in psicodinamiche e relazionali,
con queste ultime aperte ad approcci vari, quali quello fenomenologico, quello organodinamico di Henri Ey, quello psicosomatico, ecc.
I progressi compiuti nella conoscenza scientifica
delle basi cerebrali dei disturbi mentali hanno creato i presupposti per una diagnostica
più rigorosa e vicina al livello di precisione scientifica raggiunto dalle
procedure di accertamento nelle altre branche della medicina. A questo fatto
indubbiamente positivo è seguito, quale effetto collaterale indesiderato, un
tendere in molte realtà cliniche ad abbandonare lo studio del paziente, della
sua psicologia-psicopatologia, e delle complicazioni del quadro clinico che
questa genera.
In tali realtà, l’approccio psicologico è spesso
delegato a uno psicologo privo di conoscenze neuropatologiche e mediche che, in
molti casi, o fa ricorso ad anacronistiche teorie del passato oppure impiega tecniche
cognitivo-comportamentali secondo uno stile pedagogico, regredendo così all’epoca
prescientifica in cui i disturbi mentali erano riportati a due categorie: i
fenomeni ineluttabili e i vizi da correggere.
È necessario oggi intervenire sul sistema della
formazione universitaria degli psichiatri, per fondare la clinica su profonde
conoscenze multidisciplinari e sull’approccio alla conoscenza e allo studio costante
del singolo paziente, perché non capiti più che gli affetti da disturbi
psichici, dopo una diagnosi mai sottoposta a verifiche e aggiornamenti, siano gestiti
per anni col rinnovo di una prescrizione, senza insegnare loro ad adoperare il
potere del cervello – che ha anche il loro cervello – di curare sé stesso, integrando
la terapia farmacologica con le varie tecniche e strategie più appropriate per
tipo di disturbo e caratteristiche individuali della persona. [BM&L-Italia,
dicembre 2022].
Notule
BM&L-03 dicembre 2022
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La
Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International
Society of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze,
Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale
94098840484, come organizzazione scientifica e culturale non-profit.
[1] La Società Giapponese di Psichiatria
e Neurologia nel 2002 denomina la schizofrenia “togo shitcho
sho”, cioè disturbo dell’integrazione, e abbandona
definitivamente il termine importato dagli USA schizophrenia,
in giapponese reso con “seishin bunretsu
byo”, letteralmente: malattia dalla mente divisa.
[2] Arthur Schopenhauer, Aforismi
sulla saggezza del vivere, p. 122, Oscar Classici Mondadori, Milano 2003.
[3] Arthur Schopenhauer, op. cit., p. 123.
[4] Arthur Schopenhauer, op. cit., idem.
[5] Arthur Schopenhauer, op.
cit., p. 124.
[6] Arthur Schopenhauer, op. cit., idem.
[7] Arthur Schopenhauer, op. cit., p. 125.
[8] Arthur Schopenhauer, op. cit., idem.
[9] Arthur Schopenhauer, op. cit., p. 127.
[10] Arthur Schopenhauer, op. cit., idem.